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Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco. “Cosa credi di fare?" - gli chiese il leone - “Vado a spegnere l’incendio” - rispose il piccolo volatile - “Con una goccia d’acqua?” - disse il leone con un sogghigno. E il colibrì, proseguendo il volo, rispose:
"IO FACCIO LA MIA PARTE".

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Abbiamo trovato un articolo che ci pare assai interessante e ve lo proponiamo, pensando possa essere uno spunto magari per avviare una conversazione con i propri figli su un argomento più che mai attuale





Bullismo e volgarità su Whatsapp: il preside pubblica la chat degli alunni su Facebook
Il dirigente dell'istiuto comprensivo Sanvitale-Salimbene ha diffuso le immagini di una discussione tra due alunni delle medie. E ha lanciato un appello ai genitori: "Non serve andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire di casa. E’ troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora"


"Bimbo minchia obeso", "secchione di merda", "faccia da vagina in calore". Sono solo alcuni degli insulti di una discussione su Whatsapp tra alunni delle scuole medie dell'istiuto comprensivo Sanvitale-Salimbene, intercettata dagli insegnanti.

Il preside Pier Paolo Eramo ha deciso di pubblicare sulla pagina Facebook della scuola le immagini di alcuni stralci di questa "conversazione" (oscurando i nomi dei partecipanti), accompagnandole con uno sfogo: "Ci siamo stufati. Dopo molte esitazioni scelgo di pubblicare alcuni messaggi che due nostri alunni si sono scambiati su un gruppo Whatsapp di una delle nostre classi delle medie. Lo faccio perché siamo stufi. Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina; siamo stufi dell’uso sconsiderato e irresponsabile delle parole; siamo stufi dell'assenza degli adulti", si legge nel post.

Poi l'appello: "Non vogliamo più sentire che era solo uno scherzo, un gioco, che non immaginavamo, che non sapevamo. E’ ora di chiedersi se questo è quello che vogliamo dai nostri ragazzi e agire di conseguenza. E’ ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro (perché la privacy nell’educazione non esiste), di reagire, di svolgere in pieno il nostro ruolo di adulti, senza alcuna compiacenza, tolleranza bonaria o, peggio, sorniona complicità. Non serve andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire
di casa. E’ troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora".

(Fonte: Repubblica.it)

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